Il caso
Dopo il
rigetto dei ricorsi promossi davanti al TAR Lazio (qui e qui), le aziende produttrici di supporti elettronici si rivolgono al
Consiglio di Stato, chiedendo l’annullamento del d.m. 30.12.2009 sui compensi
per copia privata.
I giudici
amministrativi respingono tutti i motivi di illegittimità proposti, eccetto uno
– relativo ai c.d. usi professionali – per il quale dispongono il rinvio
pregiudiziale alla Corte di Giustizia.
La decisione del Consiglio di Stato
I motivi
di invalidità del Decreto già proposti in primo grado vengono esaminati
singolarmente e, con vari argomenti, respinti.
I giudici
ribadiscono, tra l’altro, che la Corte di Giustizia – in numerose pronunce,
come Padawan, Amazon, ACI Adam - ha
già risolto in senso negativo alcune questioni discusse (in particolare, quelle
relative alla semplice idoneità del dispositivo alla realizzazione di una copia
privata per l’applicazione del compenso, all’incidenza delle misure
tecnologiche sulla determinazione del compenso e, allo stesso scopo,
all’irrilevanza delle attività di copia illegale).
Valutazioni
diverse, invece, riguardano la mancata previsione nella legge di un’esenzione ex ante per gli usi professionali e il meccanismo
di rimborso del compenso non dovuto. Per i giudici, infatti, la normativa
italiana appare in contrasto con i principi del giusto equilibrio tra gli
interessi degli utenti delle opere protette e dei titolari dei diritti d’autore
(cfr. Direttiva 2001/29/CE) e di non discriminazione.
Soprattutto,
non convince il fatto che, attraverso la facoltà di concludere gli accordi di
esenzione, l’ordinamento italiano attribuisca un “potere negoziale” manifestamente eccessivo” alla Siae, un ente “che non è super partes” poiché rappresenta
i soggetti (autori, artisti, interpreti) che percepiscono i compensi per copia
privata. La Siae, inoltre, trattiene per sé una parte degli importi riscossi,
con un vantaggio diretto dal sistema dei compensi per copia privata.
Infine,
il sistema dei rimborsi, accessibile ai soli utenti finali, appare non
effettivo ed eccessivamente oneroso e, di fatto, consente alla SIAE di
incassare somme rilevanti per dispositivi non destinati in alcun modo alla
copia privata.
Riguardando
direttamente norme di diritto UE (in particolare, l’art. 5 della Direttiva
citata), le questioni sono sottoposte alla Corte di Giustizia.
Perché questa sentenza è importante?
Il
Consiglio di Stato ha consentito, tramite questa decisione, che la Corte di
Giustizia dichiarasse l’incompatibilità del d.m. 30.12.2009 sulla copia privata
(sentenza Microsoft).
Sono
considerevoli, inoltre, le critiche mosse all’ambiguo ruolo della Siae nel
sistema di gestione della copia privata (non ancora riformato, nonostante la
decisione della Corte di Giustizia citata e la successiva sentenza definitiva
del Consiglio di Stato n. 4938/2017).