DIRITTO ITALIANO - Giurisprudenza

Consiglio di Stato, 18.02.2015, sentenza parziale n. 823/2015

Compensi per copia privata: la (prima) parola del Consiglio di Stato


Il caso

Dopo il rigetto dei ricorsi promossi davanti al TAR Lazio (qui e qui), le aziende produttrici di supporti elettronici si rivolgono al Consiglio di Stato, chiedendo l’annullamento del d.m. 30.12.2009 sui compensi per copia privata.
I giudici amministrativi respingono tutti i motivi di illegittimità proposti, eccetto uno – relativo ai c.d. usi professionali – per il quale dispongono il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.  

La decisione del Consiglio di Stato
I motivi di invalidità del Decreto già proposti in primo grado vengono esaminati singolarmente e, con vari argomenti, respinti.
I giudici ribadiscono, tra l’altro, che la Corte di Giustizia – in numerose pronunce, come Padawan, Amazon, ACI Adam -  ha già risolto in senso negativo alcune questioni discusse (in particolare, quelle relative alla semplice idoneità del dispositivo alla realizzazione di una copia privata per l’applicazione del compenso, all’incidenza delle misure tecnologiche sulla determinazione del compenso e, allo stesso scopo, all’irrilevanza delle attività di copia illegale).
Valutazioni diverse, invece, riguardano la mancata previsione nella legge di un’esenzione ex ante per gli usi professionali e il meccanismo di rimborso del compenso non dovuto. Per i giudici, infatti, la normativa italiana appare in contrasto con i principi del giusto equilibrio tra gli interessi degli utenti delle opere protette e dei titolari dei diritti d’autore (cfr. Direttiva 2001/29/CE) e di non discriminazione.
Soprattutto, non convince il fatto che, attraverso la facoltà di concludere gli accordi di esenzione, l’ordinamento italiano attribuisca un “potere negoziale” manifestamente eccessivo” alla Siae, un ente “che non è super partes” poiché rappresenta i soggetti (autori, artisti, interpreti) che percepiscono i compensi per copia privata. La Siae, inoltre, trattiene per sé una parte degli importi riscossi, con un vantaggio diretto dal sistema dei compensi per copia privata.
Infine, il sistema dei rimborsi, accessibile ai soli utenti finali, appare non effettivo ed eccessivamente oneroso e, di fatto, consente alla SIAE di incassare somme rilevanti per dispositivi non destinati in alcun modo alla copia privata.
Riguardando direttamente norme di diritto UE (in particolare, l’art. 5 della Direttiva citata), le questioni sono sottoposte alla Corte di Giustizia.  

Perché questa sentenza è importante?

Il Consiglio di Stato ha consentito, tramite questa decisione, che la Corte di Giustizia dichiarasse l’incompatibilità del d.m. 30.12.2009 sulla copia privata (sentenza Microsoft).
Sono considerevoli, inoltre, le critiche mosse all’ambiguo ruolo della Siae nel sistema di gestione della copia privata (non ancora riformato, nonostante la decisione della Corte di Giustizia citata e la successiva sentenza definitiva del Consiglio di Stato n. 4938/2017).
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