Il caso
La
questione pregiudiziale è sollevata nella lite tra le imprese produttrici di
pc, telefoni e altri supporti di registrazione e il Ministero dei Beni
Culturali e la Siae, davanti al Consiglio di Stato (sentenza n. 823/2015).
L’oggetto
riguarda il compenso per copia privata (art. 71-septies LDA, che attua l’art. 52 b della
Direttiva 2001/29/CE) in caso di usi professionali, che secondo le imprese
viola il diritto dell’UE.
Alla
Corte di Giustizia la parola sulla compatibilità del sistema italiano.
La decisione della Corte di Giustizia
La
possibilità di prevedere eccezioni al diritto esclusivo di riproduzione
dell’opera, in caso di copia privata da parte di persone fisiche, è
pacificamente prevista dalla Direttiva, purché sia previsto un sistema di
compensazione per i titolari dei diritti (l’equo compenso, appunto).
Gli Stati
sono liberi di definirne forma, importo e modalità, purché si assicuri una
correlazione con il pregiudizio subito dai titolari dei diritti per effetto
della copia privata.
Come precisato
nel caso Padawan, il compenso può gravare su chi mette in commercio i
supporti/apparecchi che consentono la copia privata, per superare le difficoltà
pratiche di riscossione dalle singole persone fisiche.
In ogni
caso, però, il prelievo non deve applicarsi per la fornitura dei supporti a “soggetti diversi dalle persone fisiche, per
scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso
privato” (ossia gli utenti professionali), i quali hanno diritto al
rimborso, effettivo e non eccessivamente difficile da ottenere.
Per la
Corte, un sistema come quello italiano non è accettabile: non esiste
un’esenzione generale dal compenso per gli usi professionali e i “protocolli
applicativi”, previsti dall’art. 71-septies
LDA e conclusi dalla Siae per stabilire singole esenzioni, violano il principio
generale di diritto UE della parità di trattamento.
Non è
garantito, infatti, che produttori assoggettati a copia privata in situazioni
paragonabili siano trattati in modo uguale, perché la Siae deve soltanto “promuovere” la conclusione di accordi il
cui contenuto è lasciato alla “libera
negoziazione” della Siae stessa.
Mancano,
inoltre, “criteri oggettivi e trasparenti…ai
fini della conclusione di tali protocolli”.
Infine il
diritto al rimborso per il compenso non dovuto, spettante al solo utente
finale, non è effettivo, poiché i produttori non hanno la possibilità di
dimostrare di aver fornito supporti a utenti non professionali per essere
esenti dal compenso.
Perché questa sentenza è importante?
La Corte
di Giustizia boccia la gestione della copia privata per usi professionali in
Italia, con una decisione che il Consiglio di Stato recepisce nella sentenza
n.4938/2017.
Si
aggiunge un importante chiarimento sugli effetti temporali della sentenza:
nonostante le richieste di Siae, i giudici europei decidono di non apporre
alcun limite, con la conseguenza che la decisione vale anche per il passato.