DIRITTO DELL'UE E INTERNAZIONALE - Giurisprudenza

Corte di Giustizia, 22.09.2016, C-110/2015, Microsoft

Compensi per copia privata e usi professionali: i chiarimenti della Corte di Giustizia


Il caso

La questione pregiudiziale è sollevata nella lite tra le imprese produttrici di pc, telefoni e altri supporti di registrazione e il Ministero dei Beni Culturali e la Siae, davanti al Consiglio di Stato (sentenza n. 823/2015).
L’oggetto riguarda il compenso per copia privata (art. 71-septies LDA, che attua l’art. 52 b della Direttiva 2001/29/CE) in caso di usi professionali, che secondo le imprese viola il diritto dell’UE.
Alla Corte di Giustizia la parola sulla compatibilità del sistema italiano.  

La decisione della Corte di Giustizia

La possibilità di prevedere eccezioni al diritto esclusivo di riproduzione dell’opera, in caso di copia privata da parte di persone fisiche, è pacificamente prevista dalla Direttiva, purché sia previsto un sistema di compensazione per i titolari dei diritti (l’equo compenso, appunto).
Gli Stati sono liberi di definirne forma, importo e modalità, purché si assicuri una correlazione con il pregiudizio subito dai titolari dei diritti per effetto della copia privata.
Come precisato nel caso Padawan, il compenso può gravare su chi mette in commercio i supporti/apparecchi che consentono la copia privata, per superare le difficoltà pratiche di riscossione dalle singole persone fisiche.
In ogni caso, però, il prelievo non deve applicarsi per la fornitura dei supporti a “soggetti diversi dalle persone fisiche, per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato” (ossia gli utenti professionali), i quali hanno diritto al rimborso, effettivo e non eccessivamente difficile da ottenere.
Per la Corte, un sistema come quello italiano non è accettabile: non esiste un’esenzione generale dal compenso per gli usi professionali e i “protocolli applicativi”, previsti dall’art. 71-septies LDA e conclusi dalla Siae per stabilire singole esenzioni, violano il principio generale di diritto UE della parità di trattamento.
Non è garantito, infatti, che produttori assoggettati a copia privata in situazioni paragonabili siano trattati in modo uguale, perché la Siae deve soltanto “promuovere” la conclusione di accordi il cui contenuto è lasciato alla “libera negoziazione” della Siae stessa.
Mancano, inoltre, “criteri oggettivi e trasparenti…ai fini della conclusione di tali protocolli”.
Infine il diritto al rimborso per il compenso non dovuto, spettante al solo utente finale, non è effettivo, poiché i produttori non hanno la possibilità di dimostrare di aver fornito supporti a utenti non professionali per essere esenti dal compenso.  

Perché questa sentenza è importante?

La Corte di Giustizia boccia la gestione della copia privata per usi professionali in Italia, con una decisione che il Consiglio di Stato recepisce nella sentenza n.4938/2017.
Si aggiunge un importante chiarimento sugli effetti temporali della sentenza: nonostante le richieste di Siae, i giudici europei decidono di non apporre alcun limite, con la conseguenza che la decisione vale anche per il passato.
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