Il caso
Austro
Mechana, collecting austriaca, richiede
ad Amazon, gigante delle vendite online, di pagare il compenso per copia
privata sui supporti di registrazione da essa commercializzati in Austria.
Di fronte
al rifiuto di Amazon, nasce una lite davanti ai giudici austriaci, che
sollevano diverse questioni di interpretazione alla Corte di Giustizia.
La decisione della Corte di Giustizia
Come in
altre pronunce – Padawan, ACI Adam, Microsoft, Copydan Bandkopi – la
decisione ruota attorno all’art. 5, par. 2 lett.b della Direttiva 2001/29/CE.
Facendo
ampio rinvio al caso Padawan, la Corte afferma che un ordinamento nazionale
come quello austriaco, in cui l’equo compenso è applicato indiscriminatamente
su tutti i supporti di registrazione – anche nel caso in cui l’utilizzazione
finale non rientri nell’ambito dell’art. 5 – è compatibile con il diritto UE a
due condizioni, che devono essere accertate dal giudice nazionale.
Da un
lato, tale soluzione deve essere giustificata da “difficoltà pratiche” legate all’identificazione dei singoli utenti,
alla luce dell’obbligo dello Stato di garantire “l’effettiva riscossione dell’quo compenso”. Dall’altro, in
applicazione del principio del giusto equilibrio tra gli interessi dei titolari
dei diritti e degli utenti finali delle opere, deve essere riconosciuto un
diritto al rimborso effettivo e che non renda eccessivamente difficile la
restituzione del prelievo indebito.
In questo
senso, la Corte indica alcuni criteri utili per il giudice nazionale: entità,
efficacia, disponibilità, pubblicità e semplicità di utilizzazione di un’esenzione
a priori e del diritto al rimborso.
Rientra invece
nella discrezionalità degli Stati la previsione di una presunzione semplice di
uso privato per ogni supporto di registrazione commercializzato, poiché l’equo
compenso è dovuto in base alla “semplice
capacità dei supporti di registrazione di realizzare copie”.
La stessa
discrezionalità giustifica anche che, come avviene in Austria, il 50% del
compenso sia attribuito ai titolari dei diritti indirettamente, ossia
attraverso enti sociali e culturali che operino a loro favore a condizioni non
discriminatorie.
Infine,
il compenso per copia privata non è escluso dal fatto che un analogo prelievo
sia già stato corrisposto dall’operatore economico in un altro Stato membro,
anche se lo Stato territorialmente competente ad applicare il prelievo rimane
quello in cui si trova l’utente finale.
Al
soggetto che abbia corrisposto il compenso ad uno Stato territorialmente non
competente spetterà però il diritto al rimborso.
Perché questa sentenza è importante?
La
decisione fornisce utili indicazioni sia riguardo ai limiti della
discrezionalità degli Stati membri nella disciplina della copia privata nel
proprio territorio, sia sulla valutazione del “giusto equilibrio” tra interessi dei titolari dei diritti e degli
utenti finali.
La
sentenza risolve inoltre eventuali dubbi sull’applicabilità dell’equo compenso
anche agli operatori della digital economy,
come i siti di vendite online.