“Equostreaming”. Le piattaforme devono pagare per l’utilizzo di opere musicali. E’ necessario introdurre nel nostro ordinamento un nuovo diritto per gli artisti a un’equa remunerazione per lo streaming digitale.
È questo, in sintesi, l’appello lanciato da ITSRIGHT nell’ambito del dibattito sulla Direttiva Copyright che terrà impegnati Governo e Parlamento nelle prossime settimane.
ITSRIGHT evidenzia l’importanza di dare un’effettiva attuazione all’art. 18 della Direttiva, che afferma la necessità di riconoscere agli artisti il diritto a una remunerazione adeguata e proporzionata per gli utilizzi digitali.
“Si tratta di introdurre un nuovo diritto che, attualmente, non è previsto nel nostro ordinamento per gli artisti della musica”, ha ricordato
Gianluigi Chiodaroli, Presidente di ITSRIGHT, collecting dei diritti connessi che rappresenta più di 8.000 artisti.
“Per cantanti e musicisti non esiste al momento nessuna tutela o equa remunerazione, al contrario di quanto, invece, è previsto da tempo per gli artisti del cinema e delle serie tv. Per gli artisti del video la legge prevede già, infatti, la possibilità di negoziare con le piattaforme un equo compenso ogni volta che le loro opere sono trasmesse in streaming. Per cantanti e musicisti questo diritto non esiste. Credo che i tempi siano ora maturi per sanare questa incomprensibile disparità di trattamento, per garantire anche agli artisti della musica la tutela delle utilizzazioni delle loro opere sulle piattaforme digitale”.Oggi, infatti, una radio o una tv (vedi il recente accordo diretto siglato con Mediaset
https://www.itsright.it/it/news/?idn=183) riconosce il pagamento dei diritti connessi agli artisti ogni volta che trasmette musica, mentre una piattaforma, come ad esempio Spotify, non lo fa, perché il nostro ordinamento non lo prevede. Una piattaforma che trasmette film o serie tv come Netflix, al contrario, paga i diritti agli attori.
Un chitarrista di un album riceve i compensi per aver partecipato alla registrazione di un brano o album e se quel brano viene diffuso in radio perché ITSRIGHT lo intercetta e negozia il compenso dovuto per i diritti connessi. Se lo stesso utilizzo è fatto sulle piattaforme streaming, come Spotify o Apple Music, lo stesso chitarrista non riceve nessun compenso.
Sono questi alcuni degli esempi che descrivono in maniera chiara una situazione paradossale che necessita di un cambio di rotta anche alla luce dei dati del mercato musicale che confermano come lo streaming sia oggi una delle principali modalità di utilizzo di musica (streaming +26% nel 2019).
“E’ un tema che non può più essere rinviato. Auspichiamo che il Vice Presidente Pittella, Relatore del provvedimento segua con noi il tema e appoggi quella che è una battaglia di giustizia per gli artisti e coerente con il recepimento della Direttiva. Questa chiama giustamente le piattaforme alla responsabilità di veicolare opere protette sulla base di una licenza ottenuta dai titolari dei diritti; è dunque fondamentale prevedere di implementarla introducendo il diritto per artisti e musicisti a ricevere un compenso equo su questi utilizzi, così come, tra l’altro, avviene già da tempo in altri paesi europei come la Spagna”, conclude Chiodaroli, Presidente di ITSRIGHT.
Sul tema “equostreaming”, infine, già nelle scorse settimane si sono mobilitati gli artisti di tutta Europa. Per Lindvall, il batterista degli ABBA, ha lanciato una petizione firmata da più di 18.000 artisti italiani ed europei. Un’iniziativa sostenuta da ITSRIGHT e altre importanti collecting europee che hanno portato le istanze degli artisti all’attenzione della Commissione Europea.
Per
saperne di più leggi l'articolo di Francesco Prisco del Sole 24 Ore