Liberalizzazione
della gestione collettiva dei diritti: SIAE condannata per abuso di posizione
dominante nel mercato dell’equo compenso per le opere cinematografiche
Il caso
La lite si inserisce in una lunga
battaglia giudiziaria che contrappone le parti, nell’ambito della quale anche
l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato si è pronunciata (https://www.agcm.it/media/comunicati-stampa/2018/10/A508).
In questa puntata davanti ai giudici
milanesi, SKY si oppone all’esecuzione avviata da SIAE per il pagamento
dell’equo compenso dovuto dagli utilizzatori di opere cinematografiche ai sensi
dell’art. 46bis LDA
e contesta il diritto di SIAE ad agire in nome e per conto degli autori non
associati o che non le hanno conferito mandato, abusando di una posizione di
monopolio che SIAE detiene in relazione a determinati diritti nonostante
l’intervenuta liberalizzazione della gestione collettiva dei diritti d’autore e
connessi.
SIAE sostiene al contrario che, in
virtù del suo ruolo di ente pubblico preposto alla tutela del diritto d’autore,
l’art. 46bis LDA le assegna una riserva legale esclusiva sulla
determinazione, riscossione e ripartizione dell’equo compenso per le opere
cinematografiche.
Il Tribunale di Milano, seguendo un
ragionamento logico e ben argomentato, afferma alcuni fondamentali principi in
tema di gestione collettiva dei diritti.
La
decisione del Tribunale di Milano
La decisione
muove dalla considerazione che SIAE, ente pubblico economico a base associativa
e organismo di gestione collettiva ai sensi del D. Lgs. 35/2017,
“agisce in base alle norme di diritto privato” e ad essa, nell’attività
di riscossione e ripartizione dell’equo compenso ex art. 46bis LDA e in
generale, si applicano le “regole civilistiche del mandato”. Poiché la
norma non prevede alcuna riserva legale in favore di SIAE, essa non può
svolgere tale attività “a favore di soggetti non associati o che non abbiano
conferito ad essa previamente specifico mandato”.
È vero che, anche
dopo la liberalizzazione attuata con il D. Lgs. 35/2017, permangono alcune attività
riservate dalla legge a SIAE; in tutti gli altri casi, però, vale “il principio
generale della libera scelta in capo ai titolari dei diritti circa
l’affidamento della gestione dei medesimi ad un organismo di gestione
collettiva o ad un’entità di gestione indipendente”.
Il Tribunale
valuta poi la sussistenza dell’abuso antitrust e gli effetti della
violazione della legge antitrust sui precedenti accordi stipulati tra
SKY e SIAE.
Identificato
lo specifico mercato rilevante nei servizi di riscossione e ripartizione del
compenso ex art. 46bis, si rileva che in esso SIAE detiene un monopolio,
dal momento che svolge tali attività “per la totalità degli autori delle
opere cinematografiche...anche non associati o che non abbiano conferito
mandato”, nonostante la mancanza della riserva legale descritta.
Potrebbero
dunque esistere concorrenti potenziali nel settore – altre collecting – esclusi
dal mercato anche a causa dei “rilevanti ostacoli” presenti in esso. SIAE,
infatti, fino alla liberalizzazione del 2017 è stato l’unico operatore attivo
in tali servizi e gode ancora oggi di “un evidente vantaggio concorrenziale”
rispetto ai concorrenti.
Non solo,
SIAE sfrutta tale monopolio abusivamente nel momento in cui si propone agli
utilizzatori delle opere cinematografiche come “unico ente di riscossione dell’equo
compenso...rispetto alla generalità degli autori delle opere” a prescindere
dall’esistenza di un mandato/rapporto associativo. In questo modo, esclude dal
mercato gli altri organismi di gestione collettiva o entità di gestione
indipendente, con pregiudizio del mercato stesso in termini di minor efficienza
della gestione collettiva dei diritti e maggiori costi di servizio.
La conseguenza
di tale abuso è senza dubbio la nullità ex art. 1418 c.c. degli accordi
conclusi da SIAE con gli utilizzatori (SKY, nella specie), per violazione delle
norme antitrust.