Il caso
Radio
Veneto 1, radio locale, è oggetto di un procedimento penale per il mancato
pagamento dei diritti connessi sulle opere che trasmette.
Sostiene,
in propria difesa, di aver sempre pagato quanto dovuto alla SIAE e di non
essere stata a conoscenza dell’obbligo di pagare separatamente anche i diritti connessi.
Su
appello della Procura della Repubblica di Venezia, la questione è chiarita
dalla Cassazione.
La decisione della Corte di Cassazione
La Corte
accoglie il ricorso del Pubblico Ministero: come in precedenti occasioni – caso
Tele Radio Orte – si ricorda che “integra
il reato previsto dall'art. 171-ter, lett. a), LDA, la riproduzione e la
diffusione abusiva di brani musicali da parte di una emittente radiofonica in
assenza della preventiva regolamentazione dei rapporti con i titolari dei
diritti connessi riconducibili a soggetti diversi dall'autore delle opere”.
Soprattutto,
la radio non può invocare la buona fede, ossia la mancata conoscenza
dell’obbligo di dover pagare i compensi per diritti connessi sulla base del
fatto di aver sempre pagato i (diversi) diritti d’autore alla SIAE.
Infatti,
a giudizio della Cassazione, l’operatore professionale di settore può invocare
la scusabilità dell’ignoranza della legge penale (art. 5 codice penale) solo se
prova di “aver fatto tutto il possibile
per richiedere alle autorità competenti i chiarimenti necessari (ed) essersi informato in proprio, ricorrendo ad
esperti giuridici”.
Nel caso
di specie, Radio Veneto 1 non si è adoperata in questo senso e dunque è
penalmente responsabile.
Perché questa sentenza è importante?
La
Cassazione toglie agli utilizzatori professionali uno degli alibi classici:
“non sapevo di dover pagare i diritti connessi”.
Il loro
ruolo di operatori di settore comporta un obbligo informativo forte e
specifico, che, se non rispettato, non esclude la responsabilità penale.