Il Decreto del Ministero dei Beni e delle
Attività Culturali n. 386 interviene impattando in maniera rilevante
sull’attività di collecting delle organizzazioni che si occupano della gestione
dei diritti connessi per conto degli artisti interpreti esecutori.
Pur senza una specifica delega, e nonostante
l’articolo 49 del D.Lgs. 35/2017 fosse circoscritto alla sola revisione dei
criteri di ripartizione, si è intervenuti con norme che producono profili di
illegittimità, in quanto contrarie all’impianto normativo vigente, e
limitazioni di natura anti-concorrenziale lì dove sancisce obblighi per le sole
organizzazioni che rappresentano gli artisti.
Il provvedimento impone - ancora una volta - a
tutte le organizzazioni una comune definizione di artista interprete ed
esecutore, intervenendo su elementi fondamentali in tema di concorrenza tra
operatori quali i criteri di ripartizione, senza inoltre tenere conto di quanto
già stabilito dalla Legge sul diritto d’autore agli articoli 80 e 82 in tema di
definizione di artista . Inoltre, derogando alla responsabilità delle
organizzazioni collettive, si impone ai produttori delle opere di indicare
quali siano da considerarsi artisti primari o comprimari sulla base di una
definizione che come già commentato per il DPCM 17 gennaio 2014 ,si rifà
a quanto previsto nei Regolamenti propri dell’ex monopolista.
Da ultimo, si interviene sull’attività di
distribuzione dei compensi per copia privata imponendo un criterio di calcolo delle
somme spettanti alle organizzazioni collettive che rappresentano gli artisti
interpreti ed esecutori. La scelta oltre ad essere anti competitiva e ingiusta
lì dove impone tale criterio ai soli artisti e non anche agli altri titolari di
diritti, creando così ulteriori disparità di trattamento, non tiene conto del
funzionamento del mercato e della natura del diritto di copia privata.
Il Decreto è stato pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 243 del 18 ottobre 2018.
Secondo quanto disposto dall’articolo 49 comma
2 del D.Lgs. 35/2017 il DPCM 17 gennaio 2014 è quindi con l’entrata in vigore
del nuovo Decreto ministeriale, da considerarsi abrogato.
Nell'aprile 2019 l'Antitrust è intervenuta sul Decreto con una propria
Segnalazione al Governo, evidenziando i profili concorrenziali in particolare delle norme di cui all'articolo 2.