Il caso
Il legale
rappresentante di alcuni negozi di elettrodomestici diffonde musica nei suoi
punti vendita senza pagare i diritti connessi. La Guardia di Finanza accerta
l’illecito e la Corte d’Appello di Trento, ribaltando la decisione del giudice
penale di primo grado, condanna per violazione dell’art. 171, comma 1, lett.
a) Legge sul diritto d'autore.
L’ultima
parola spetta alla Corte di Cassazione.
La decisione della Corte di Cassazione
L’art.
171 LDA punisce chi, senza averne diritto,
a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma "riproduce, trascrive, recita in pubblico, diffonde, vende o mette in
vendita o pone altrimenti in commercio un'opera altrui…”.
L’imputato
si difende con due argomenti: la competenza per la riscossione dei diritti
connessi spetta alla SIAE, da lui regolarmente pagata; la Corte d’Appello non
ha dimostrato né che le opere diffuse fossero tutelate dal diritto d’autore né
che la licenza preventiva di SCF fosse necessaria.
La Corte
di Cassazione precisa che il reato di cui all’art. 171 LDA presuppone che ci
sia un’opera tutelata dal diritto d’autore e che manchi una licenza per il suo
utilizzo, sia con riferimento al diritto d’autore che ai diritti connessi.
La
distinzione tra i primi e i secondi è, per la Corte, netta: “i diritti spettanti a produttori ed artisti
sono autonomi rispetto a quelli degli autori di composizioni musicali e essi
sono oggetto di una specifica tutela penale”. Anche la relativa gestione è
separata tra SIAE e SCF, che è a sua volta libera di affidare mandato alla
riscossione dei diritti alla prima.
In questo
caso, i diritti connessi – il cui pagamento spettava al titolare dei negozi in
forza del contratto che aveva stipulato con il proprio music provider – non
erano stati pagati a SCF ed era irrilevante il fatto che i diritti d’autore,
invece, fossero stati corrisposti alla SIAE. Si
precisa anche che, affinché si realizzi il reato, è sufficiente una sola
diffusione non autorizzata di brani musicali e che la successiva
regolarizzazione mediante licenza con SCF, dopo il controllo della Guardia di
Finanza, non sana gli illeciti commessi in precedenza.
La
responsabilità penale è certa, ricorrendo sia la condotta tipica del reato
(diffusione non autorizzata) e il dolo (consapevolezza di dover pagare i
diritti connessi).
Il
titolare degli esercizi commerciali non può neppure dire che “non sapeva di dover pagare”: su chi
svolge un’attività economica in modo professionale gravano specifici obblighi
di informazione, inclusi quelli in materia di diritti connessi.
Perché questa sentenza è importante?
Insieme
alla sentenza del caso Tele Radio Orte, questa decisione contribuisce a
rinforzare la tutela di artisti e produttori anche dal punto di vista penale,
tema molto sensibile in Italia.
Tutti gli
esercizi commerciali che diffondono musica, a prescindere dall’attività svolta,
devono pagare i diritti connessi, senza possibilità di giustificazioni.