Una galassia eterogenea
fatta di una miriade di soggetti piccoli e medi al fianco di player di
riferimento riscrive il modo in cui la musica viene utilizzata; sfide
significative in termini di diritti, monetizzazione e frammentazione del
mercato. La ricerca è stata presentata oggi nel corso dell’evento “Mappe
Sonore. La galassia multiforme della musica nel web”.
È una “galassia multiforme e pulviscolare”
quella della fruizione di musica online al di fuori delle grandi piattaforme di
streaming on demand (es. Spotify, Apple Music). Web radio, aggregatori,
piattaforme di livestreaming di vario genere: micro soggetti con modelli
variegati e liquidi di micro business convivono con grandi operatori, in un
ampio ecosistema che fa un utilizzo elevato e sistematico di musica.
È quanto emerge da una
ricerca realizzata dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano,
in collaborazione con ITSRIGHT, collecting che rappresenta oggi oltre
280.000 artisti e 7.000 produttori discografici. Lo studio è stato presentato
oggi in Università, nel corso dell’evento “Mappe Sonore. La galassia
multiforme della musica nel web.”
La ricerca è il risultato di
un’indagine qualitativa che analizza l’utilizzo di musica online fuori dalle
grandi piattaforme on demand, esplora il panorama delle web radio e dello streaming
in Italia, con l’obiettivo di catalogare comportamenti, atteggiamenti e
direzioni di evoluzione dei protagonisti del settore nel contesto digitale
contemporaneo.
“La galassia vitale e
piena di contenuti e innovazioni che abbiamo esplorato testimonia
l’inesauribile potere creativo della musica e, allo stesso tempo, pone nuove
sfide di equità e trasparenza. Tutti usano la musica come risorsa, ora
primaria, ora secondaria, per ingaggiare il proprio pubblico; questa fame di
musica non sempre si traduce nei giusti introiti per gli artisti che di quella
musica sono interpreti. La ricerca allora dimostra che accademia, istituzioni e
collecting devono lavorare di concerto per affrontare la pulviscolarità del web
e garantire un’effettiva tutela dei diritti, anche grazie ad una maggior
condivisione dei dati sugli utilizzi di musica”. È il commento del Prof. Matteo Tarantino,
dell’Università Cattolica di Milano.
“La ricerca dell’Università
Cattolica dello scorso anno aveva evidenziato quanto poco lo streaming musicale
remuneri gli artisti. Quella di quest’anno completa l’indagine sul rapporto tra
streaming e musica registrata, evidenziando una galassia multiforme e
pulviscolare di milioni di utilizzazioni illecite. Il paradosso che viviamo è
quello di un sistema di norme astratte di tutela dei diritti ampio e pertinente
a fronte di un sistema di enforcement insufficiente. La gestione collettiva dei
diritti è certamente la strada su cui individuare le soluzioni. Il nostro
tradizionale approccio negoziale al mondo digitale deve però trovare nelle
stesse tecnologie – inclusa l’intelligenza artificiale - gli strumenti per dare
pieno valore, non solo economico, alla musica”. È il commento di Gianluigi
Chiodaroli, Presidente di ITSRIGHT.
Lo studio si concentra su due
settori diversi: da un lato le web radio italiane e gli aggregatori di web
radio, dall’altro lo streaming online. Per ciascun settore la ricerca
propone tre diverse prospettive - i contenuti, le infrastrutture e le comunità
di riferimento – facendo emergere sostanzialmente tre aspetti che meritano di
essere approfonditi.
La lenta evoluzione delle web radio in Italia
Muovendo dall’analisi di un
campione di 225 web radio, la ricerca esamina struttura organizzativa, pubblico
target, tecnologia utilizzata, contenuti offerti e modelli di sostenibilità
economica rilevabili nel mondo delle web radio. Ne emerge un quadro
sostanzialmente stabile, invariato negli ultimi decenni, degli eredi
della radio tradizionale. Il segmento più interessante è quello predominante
delle web radio commerciali, che seguono un formato tradizionale con una
programmazione musicale popolare e programmi di intrattenimento.
Tecnologicamente avanzate, dispongono di app proprietarie e piattaforme esterne
come YouTube e Spotify, nonché di una presenza strutturata sui social media.
In questo senso molte web
radio del campione osservato rappresentano versioni a costo ridotto di
emittenti FM tradizionali: sul web aumenta quindi la competizione e la
frammentazione tra gli operatori, perché ogni emittente cerca di ritagliarsi
una propria nicchia di pubblico, tentando di fidelizzarlo all'interno del
proprio sistema chiuso.
Accanto alle web radio
commerciali, si mantiene costante un’ampia presenza di emittenti finanziate da
bandi pubblici o semipubblici – le c.d. webradio istituzionali e del terzo
settore – che, pur disponendo di minori risorse tecnologiche, si propongono come
punto di riferimento soprattutto informativo per le comunità che le seguono.
I
nnovazioni nel mondo degli aggregatori
Le principali innovazioni nel
mondo delle web radio si verificano a livello degli aggregatori, ossia
di quei servizi che raccolgono i flussi delle emittenti e li inseriscono in
motori di ricerca, directory o sistemi di raccomandazione.
Anche il settore degli
aggregatori presenta una rilevante frammentazione. Si osservano molti operatori di piccolo livello,
soprattutto locali, e pochi grandi operatori internazionali in grado di dare
l'indirizzo all'ambito; tutti svolgono però il medesimo ruolo di orientatori
della ricerca musicale degli utenti sul web ed offrono anche servizi simili
alla concessione pubblicitaria connessa al flusso musicale.
I grandi aggregatori appaiono
perseguire l’obiettivo strategico di portare questa galassia di flussi
radiofonici in tre spazi essenziali, potenzialmente portando la copertura
radiofonica al 100% del tempo di veglia degli utenti: la casa,
attraverso l'integrazione delle app degli aggregatori negli home speaker
quali Amazon Alexa o Google Home; l’automobile, mediante integrazione
delle app degli aggregatori negli entertainment center degli autoveicoli; la
sfera personale, tramite applicazioni di aggregazione per smartphone.
L’aggregatore arriva a
offrirsi anche come meta-emittente: nelle ultime versioni, i player
più avanzati sono in grado di spostare automaticamente l’utente fra flussi
radio multipli seguendo i suoi gusti.
L’industria del livestreaming: un panorama variegato
Un ambito di
crescita impressionante rispetto all’utilizzo di musica sul web è quello dell’industria
del livestreaming, ossia la trasmissione in diretta via web di contenuti da
parte di creatori (streamer).
Il report
individua le linee essenziali dell’utilizzo della musica in questo settore,
distinguendo tra streaming generalista o ‘mainstream’ (prendendo in esame la
piattaforma leader, Twitch, ma anche i canali musicali puri, il gaming, i
canali creativi e IRL – In Real Life) e il c.d. streaming per adulti.
La musica in
questi contesti è massicciamente presente. Nello streaming, e in particolare nelle dirette,
essa è elemento di arredo frequentissimo e crea identificazione nella comunità
di utenti. La frequenza e la centralità della musica, presente in modo
strategico, aumentano significativamente nello streaming di contenuti
per adulti in diretta, settore in continua crescita nel periodo post-pandemia.
Quale ruolo per i diritti degli artisti e dei
produttori in questi scenari?
Nel mondo delle
web radio e degli aggregatori, la principale criticità per la tutela effettiva
dei diritti degli artisti risiede nella forte frammentazione del settore: tanti
utilizzi di musica distinti, tanti utilizzatori, di natura diversa e mutevoli
nel tempo, e dunque notevoli difficoltà di un’efficace regolarizzazione su base
individuale.
Rispetto
all’industria del livestreaming, si riscontrano vere e proprio pratiche
di totale elusione del controllo del diritto d’autore e dei diritti connessi da
parte dei creator ed un ruolo in apparenza neutro delle piattaforme stesse.
A complicare ulteriormente lo
scenario è la sostanziale opacità verso l’esterno di questi settori. Sebbene il
digitale consenta un monitoraggio preciso su contenuto, utilizzo, e destinatari
di ciascun flusso (qualcosa che era solo nei sogni degli operatori del mondo
mediale analogico), di fatto tali dati sono tendenzialmente invisibili
all’esterno.
I sistemi esistenti di tutela
del diritto d’autore e dei diritti connessi si dimostrano ancora fragili e la
distribuzione dei benefici economici derivanti da questi nuovi spazi di
utilizzo musicale è iniqua per i titolari dei diritti, primi fra tutti gli
artisti. Da qui, la necessità di un lavoro di squadra tra collecting e
istituzioni, anche accademiche, per proporre soluzioni credibili.