In relazione al Decreto Legge nr. 1/2012
- che sancisce la libertà per gli artisti di scegliere autonomamente a chi
affidare la gestione dei propri diritti - Nuovo Imaie ha diramato un documento
che riporta la sua posizione contraria.
Riteniamo che le critiche avanzate da
Nuovo Imaie siano infondate e semmai rafforzino ulteriormente le ragioni per le
quali la scelta di liberalizzazione adottata dal Governo è certamente quella
giusta.
1) Non è vero, come invece afferma Nuovo
Imaie, che nei Paesi europei il modello imposto per la gestione dei diritti
connessi è quello dell’ente unico.
- In Italia le organizzazioni dei
produttori discografici sono almeno 4 (SCF, AFI, PMI e Audiocoop): operano da
anni e dimostrano nei fatti la piena praticabilità di un modello competitivo;
- In Francia le organizzazioni dei
produttori discografici e degli artisti sono 5 (SCPP, SPPF, ADAMI, SPEDIDAM e
SPRE): dimostrano che persino sul versante degli artisti è stato sperimentato
con successo il pluralismo;
- Altrove in Europa (UK, Spagna, Grecia,
Belgio, Austria, Irlanda, Olanda) abbiamo poi la distinzione tra le
organizzazioni degli artisti del settore audio e quelle del settore video:
confermano che, anche sotto il profilo delle diverse competenze, è possibile e
produttivo valorizzare le specializzazioni, anziché il soggetto unico.
2) La creazione e il mantenimento
di un database aggiornato – dice Nuovo Imaie – imporrebbero, per ragioni di
costo, il soggetto unico: ciò non è vero.
Osserviamo che:
- Sistemi software e database strutturati
sono già stati costruiti e aggiornati dalle molteplici collecting straniere e
sono certamente pronti e disponibili per essere utilizzati, in licenza, al
miglior prezzo anche in Italia;
- Non serve che tutte le organizzazioni
abbiano la banca dati di tutte le opere del mondo; basta che ciascuna di esse
si organizzi per costituire la banca dati delle opere dei propri artisti e
condivida in rete con le altre le rispettive informazioni: ciò produce
l’ottimizzazione, senza ridondanze, dell’intero sistema di dati, così come
avviene nei rapporti internazionali tra le molteplici società di collecting.
3) Il rischio – paventato da Nuovo Imaie
– di una corsa al ribasso dei ricavi e delle tariffe fa confusione sul punto
centrale su cui avviene la vera concorrenza tra le diverse organizzazioni di
raccolta. La concorrenza, infatti, avviene sul ribasso dei costi provvigionali,
non sulle tariffe: ciascun soggetto collettivo è,
all’opposto, naturalmente incentivato a massimizzare i ricavi (nell’interesse
dei propri artisti), proprio per garantire attraverso la crescita dei volumi di
raccolta la riduzione dell’incidenza dei costi di amministrazione.
4) Quella che Nuovo Imaie chiama
“conflittualità tra collecting” per accaparrarsi gli artisti migliori
attraverso proposte di ripartizione differenziate si chiama “concorrenza”, che
è la condizione perché ciascun artista possa liberamente scegliere
l’organizzazione che ritiene migliore per amministrare i propri interessi. Abbiamo mille banche, mille compagnie di
assicurazioni, mille società di servizio in ogni settore; perché dovremmo
subire in questo ambito un “servizio unico ed imposto”?
5) Infine, la diversità dei criteri di
ripartizione non è affatto un’eccezione impossibile da gestire, ma la regola da
sempre adottata ovunque. Infatti, proprio
per la ripartizione dei compensi raccolti dalle molteplici società di
collecting nel mondo, ciascuna di esse già oggi adotta il proprio metodo e lo
applica naturalmente nei confronti di tutti gli artisti associati alle altre;
con ciò dimostrando non solo che non c’è alcun rischio di paralisi quando i
criteri sono diversi, ma anche che non esiste il minacciato pericolo di blocco
da parte delle collecting straniere (vedi ad esempio il caso del Brasile dove
coesistono, regolarmente interconnesse col resto del mondo, numerose società di
gestione persino di diritti diversi tra loro: diritti d’autore insieme a
diritti connessi).